CHIESA DI SANTA MARIA ASSUNTA
La chiesa, nelle forme attuali, è riconducibile nel suo nucleo principale, a modelli architettonici padani romanico-gotici ascrivibili al secolo XIV. Tale datazione viene ipotizzata sulla base del raffronto stilistico con altri monumenti coevi, in quanto a tutt’oggi non sono stati reperiti documenti che attestino la fondazione e/o le principali fasi costruttive dell’edificio. La chiesa presenta una pianta basilicale a tre navate divise da pilastri cruciformi che in origine sulla navata centrale sorreggevano un soffitto ligneo a capriate, sostituito nel corso dei secoli successivi da volte a crociera separate da archi trasversi a sesto acuto; per contro le campate delle navate laterali sono coperte da volte a crociera costolonate. Dal punto di vista icnografico, la chiesa termina con un’abside rettilinea, soluzione tipica degli edifici sacri degli ordini mendicanti (francescani e domenicani). All’esterno la chiesa presenta una facciata a capanna, scandita da quattro contrafforti e coronata all’estremità da una cornice a beccatelli; al centro del prospetto è inserito un rosone decorato con formelle in cotto che richiama modelli decorativi lombardi e che è datato alla seconda metà del XV secolo, come anche il portale centrale inquadrato da una cornice cuspidata in cotto, rimaneggiato da restauri ottocenteschi e novecenteschi.
All’interno, l’edificio presenta significative testimonianze pittoriche ascrivibili a campagne decorative differenti che si sono susseguite dopo la chiusura dei lavori costruttivi. Purtroppo una parte significativa degli affreschi è andata perduta, mentre una parte seppur limitata è stata recuperata attraverso una serie di restauri che si sono susseguiti a partire dalla metà degli anni Sessanta e che hanno portato alla rimozione dello strato di scialbo che occultava i dipinti. Tra le decorazioni più significanti, recuperate a seguito dei lavori di restauro, si segnala il ciclo di affreschi dedicati ai miracoli di San Pietro Martire, posti sulla parete sx della controfacciata, realizzati da un pittore lombardo anonimo tra il 1460 ed il 1480. Fonte letteraria per il ciclo decorativo è la “legenda Aurea” di Jacopo da Varagine scritta nella seconda metà del XIII secolo, mentre da un punto di vista iconografico, il pittore attivo a Pontecurone mostra di conoscere il ciclo di affreschi realizzato da Vincenzo Foppa, uno dei pittori lombardi più importanti del Rinascimento, nella cappella Portinari nella chiesa di Sant’Eustorgio a Milano dedicato allo stesso tema, ovvero le storie di San Pietro Martire. Sempre tra la fine del Quattrocento e l’inizio del Cinquecento sono datati gli affreschi votivi realizzati dalla scuola tortonese di Manfredino e Franceschino Boxilio e di Quirico da Tortona; tra i dipinti più significativi, si segnala la Madonna in trono tra San Biagio e Santa Apollonia posto sulla parete della navata destra e i Santi Agostino e Nicola da Tolentino eseguiti sulla parete di fondo del presbiterio. Infine risale al 1610 la decorazione della cappella del Rosario che chiude verso il presbiterio la navata destra e che fu realizzata con un programma iconografico unitario in una sapiente commistione di tecniche esecutive – affresco e stucco- da Gian Mauro della Rovere detto il Fiamminghino. Nella cappella, molto rovinata dalla umidità, il pittore dipinge una pala d’altare con la Madonna del Rosario colta nell’atto di distribuire i rosari alle schiere dei Santi e di fedeli e tutti i misteri del Rosario, tra i quali la resurrezione occupa un posto privilegiato sulla parete laterale della navata destra. Il pittore mostra da un punto di vista stilistico di conoscere la cultura tardo manierista di Gaudenzio Ferrari e di Guglielmo Caccia detto il Moncalvo, entrambi attivi nelle terre piemontesi del tardo Cinquecento.
Silvia Massari