La bottega di Armando e Rosetta

Pochi ricordano il primo negozio di Armando Angeleri e Rosetta Granata: era in via Cavour all’angolo con via Bossi, nella casa attualmente di Angiolina Sartirana.  Mia madre Rosetta, che era una dei dieci fratelli “Vasi”, discendenti di Evasio Granata, nel 1944 rilevò il negozio di commestibili di Maria Spalla, vedova di Antonio Arimini (Tugnéj), sito appunto nella casa che Maria qualche anno dopo, finita la guerra,  avrebbe venduto al suo storico amante Paolo Pietranera, detto Paulòu, di Volpedo.

Rosetta, quando rilevò il negozio di commestibili, era una giovane sposa di trent’anni, con un bambino piccolo (io) e il marito, mio papà Armando, di 34 anni, che lavorava come tornitore alla    Fast di Tortona.  In quel periodo  di guerra, i clienti presentavano ‘la tessera annonaria’[1], per poter comprare i generi alimentari nella misura consentita dal regime, vale a dire lo stretto necessario per la sopravvivenza della famiglia. I generi alimentari non erano confezionati come oggi, ma tutto veniva pesato e avvolto in carta robusta, puntualmente riciclata (la carta grigio-azzurra per lo zucchero ad esempio, veniva impiegata per foderare quaderni e libri di scuola), o in contenitori di vetro che i clienti portavano da casa.

In quegli anni di guerra anche i rifornimenti per i negozi erano molto problematici; mia mamma da sola non ce la faceva, per cui mio padre decise di licenziarsi e di dedicarsi alla bottega. Mio papà andava in bicicletta in Lomellina a comprare  il riso per il negozio (due sacchi da 30 Kg.) e doveva stare molto attento a non farselo sequestrare sulla via del ritorno. L’olio veniva rifornito in damigiane dalla ditta Carli di Imperia, che aveva come rappresentante locale il Sig. Luigi Savio [2], che ricordo con affetto e gratitudine, perché, anche se ero solo un ragazzino, ogni tanto mi lasciava usare il suo motorino (era un Legnano con motore Sachs: una favola!). Un capitolo a parte era quello della  sig. Rina di  Bordighera: un paio di volte al mese arrivava in treno, alloggiava per qualche giorno presso la famiglia Valentini in via Bossi e commerciava in vari generi di prodotti (dall’olio d’oliva agli orologi). Ripartiva dopo aver fatto incetta di pasta, carne e tutto quello che poteva poi rivendere in Liguria: ricordo ancora che alla sera mi piaceva aiutare i miei a pesare la pasta e a riempirne tanti piccoli sacchetti che la Sig. Rina si portava via. Un altro lavoro serale era il controllo dei libretti della spesa dei clienti che compravano a credito e pagavano una volta al mese, quando prendevano la paga.

Nel 1951 il negozio fu spostato a due passi di distanza,  in via Bossi (angolo via Cavour), nella nuova casa che i miei fecero costruire in quell’angolo del grande orto degli Arezzi, che un tempo era definito “canepaio”, acquistato da mio papà. L’impresa costruttrice era quella di De Maestri. Finalmente mia mamma poté farsi il suo pollaio e mio papà il suo orto, grande risorsa anche per il negozio: la verdura e le uova fresche non mancarono più ai nostri clienti.

Anche se in bottega c’era solo una sedia, tante clienti amavano intrattenersi a chiacchierare e a spettegolare: si sapeva tutto di tutti, ma i miei, da saggi negozianti, si limitavano ad ascoltare, perché i commenti potevano suscitare qualche risentimento. C’era chi portava carne e selvaggina nella cella frigorifera, chi veniva regolarmente a pesarsi sulla bilancia (bassacüla), chi faceva tappa per un saluto, come l’amica Rina Arezzi, infermiera e levatrice, che faceva bollire le siringhe [3] nella nostra cucina, mentre prendeva il caffè con mia mamma.  

Rosetta era una brava cuoca, per cui c’era anche un’intensa attività gastronomica che affiancava quella dei commestibili. Insomma, la porta del negozio era sempre aperta: l’orario era continuato, dalle 6 del mattino alle 10 di sera tutti i giorni, con apertura la domenica mattina. I turni di lavoro alla fabbrica e nelle fornaci condizionavano anche gli orari dei negozi. Ma ricordo che ci suonavano il campanello anche quando il negozio era chiuso, senza rimedio…

Armando e Rosetta non hanno mai fatto vacanze più lunghe di un giorno, non hanno avuto ambizioni di viaggi: sono invecchiati nel loro negozio, in cui si identificavano. Lo chiusero dopo 40 anni di attività, soddisfatti di aver speso bene il loro tempo e convinti di essersi guadagnati la pensione. La licenza (che era da supermercato, per tutti i generi di prodotti ) fu acquistata dal Sig. Gilio De Antoni, che aprì un negozio di ortofrutta in via Emilia. Armando e Rosetta ristrutturarono la casa, cancellando ogni traccia della bottega.

Sergio Angeleri

Note

 

  1. E’ del 6 maggio 1940 la legge che dispone il razionamento dei consumi e l’introduzione della carta annonaria (Legge n. 577). Già dal 1° luglio 1940, viene disposto il divieto di vendita del caffè e la produzione del pane è limitata a un solo tipo, prodotto con farina abburattata all’80%. Il 1° dicembre 1940 viene introdotta la tessera annonaria per pasta, farina di frumento e riso che prevede, a partire da gennaio, la possibilità di consumarne due chili complessivi a testa ogni mese. Ma nel febbraio 1941 viene modificata la razione individuale, con una diversificazione regione per regione. In Piemonte la tessera dà diritto a 600 grammi di pasta, un chilo di riso, 400 grammi di farina di frumento per persona al mese. Il 1° ottobre 1941 si arriva al tesseramento del pane: la razione, di 200 grammi a testa, è assolutamente insufficiente. Nel marzo 1942, l’anno peggiore in termini di apporto calorico, la porzione di pane diminuisce a 150 grammi per gli adulti, i 200 grammi sono destinati solo ai giovani dai 9 ai 18 anni.
  2. Il Sig. Luigi Savio, fratello di Giuseppe (si veda il cap. “Giuseppe Savio, elettricista”),celibe, era un uomo dall’animo particolarmente sensibile, amante degli studi e della poesia. Significativi i versi che dedicò alla nipotina Francesca: “Sei tu Francesca/ un gentil fiorellino/ che invano io cerco/ nel mio giardino./ Sempre io piango/ l’amara vita/ del viver solo/ come un eremita./ Nessun ripeta/ il mio errore/ e si scelga in tempo/ un gentil fiore:/ da questo fiore/ per volere divino/ poi sboccerà…/ un gentil fiorellino”.
  3. Era allora il classico sistema di sterilizzazione.